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Open access - Accessori di lusso

Ciao a tutti, eccomi qui di nuovo a parlarvi delle mie esperienze nel mondo della ricerca scientifica sfruttando le doti di disegnatore che non possiedo. Oggi sono particolarmente soddisfatto: ho appena pubblicato un articolo scientifico Open Access! Cosa significa "Open Access"? Beh, per farla molto breve significa che chiunque voglia consultare il contenuto del mio lavoro deve semplicemente cercarlo su internet e potrà leggerlo integralmente senza dover sborsare un centesimo. Contando che le tariffe nel mio settore scientifico solitamente variano da 20 a 50 dollari per articolo, mi sembra un vero affare!


Perché la benda sull'occhio?


No, non sono impegnato in un remake di Fuga da New York nel ruolo di "Jena" Plissken, anche se in effetti mi sembrerebbe un'ottima idea ingaggiarmi, semplicemente questo articolo Open Access mi è costato un occhio della testa.


Come dite? Pensavate che fosse gratis?


Ma no, cari lettori, non esiste niente a questo mondo che sia gratis, nemmeno nel dorato mondo della ricerca scientifica! Si paga tutto: il personale (giustamente), le strumentazioni, i consumabili, le manutenzioni, gli amministrativi che supportano le attività e anche la possibilità di rendere il proprio lavoro accessibile al prossimo su una rivista scientifica riconosciuta.


Si paga sempre, ma si può decidere di che natura sia questo pagamento.


(lo sapevate che il simbolo dello yen in Giappone è 円 e non la versione latinizzata ¥? Questo perché 円 è in realtà un kanji e come tale non è normalmente possibile scriverlo in codice ASCII. "円" significa fondamentalmente "cerchio")


Le giuste ma severe divinità dell'editoria scientifica pretendono un sacrificio, ma offrono due possibilità a loro modo ugualmente inique:


1) posso decidere di rinunciare a tutti i miei diritti sull'opera e non dover così pagare i costi di pubblicazione, nel qual caso saranno i lettori a dover pagare per leggere il contenuto del mio lavoro;


2) posso mantenere i miei diritti e pagare i costi di pubblicazione, nel qual caso l'opera sarà distribuita apertamente e gratuitamente a chiunque ne faccia richiesta.


La stragrande maggioranza degli scienziati, potendo, sceglierebbe l'opzione 3): "scienza libera ed accessibile a tutti". Che è un po' il motto che ci unisce tutti, indipendentemente dal settore disciplinare e dalla nazione di appartenenza. Come tutti i motti è però un'utopia praticamente irrealizzabile: a parte pochissime eccezioni, portate avanti da persone di buona volontà, non è possibile pubblicare il proprio lavoro in modo gratuito mantenendone anche i diritti e senza costringere il lettore a pagare per leggerlo.


Vorrei fare anche presente l'entità del pagamento: nel mio settore quelle tre monetine che vedete possono essere circa dal 50% al 120% del mio budget di ricerca annuale. Potrei quindi essere costretto a spendere dalla metà ad addirittura più del mio normale budget annuale per pubblicare in una rivista in modalità Open Access.


Certo l'entità del pagamento varia a seconda dell'editore. Per semplificare, direi che esistono 3 categorie:


Esistono gli editori "famosi", quelli che pubblicano le famose "riviste ad alto impact factor" come Nature o Science. Ovviamente questo tipo di editori chiede in genere i pagamenti più sostanziosi: deve mantenere in piedi un'azienda privata enorme ed efficiente. Che il prezzo da pagare sia giustificato dalla qualità del servizio è però un punto su cui molti autori sono in disaccordo. Purtroppo non è così facile capire quanto del servizio erogato vada effettivamente a coprire le spese e quanto venga intascato come profitto. Si tratta comunque di una discussione che esula dal contesto di questo articolo, probabilmente là fuori ci sono dei lettori molto più preparati di me su questo argomento.


Esistono editori di "seconda scelta", che per molti scienziati rappresentano in realtà la prima scelta: una serie di riviste con costi di pubblicazione moderati quanto il loro impact factor. (Relativamente) poco pregio e (relativamente) basso costo.


Un esempio di "costo medio" è la rivista "Scientific Reports" del gruppo Nature: richiede 1690 euro per pubblicazione, molto meno delle sorelline importanti, e ha pubblicato 282734 articoli tra il 2017 e il 2019, ovvero una media di 150 milioni di euro di "costi di pubblicazione" pagati dagli autori, all'anno.


Esiste poi una terza categoria di riviste Open Access che definirei pattume: alcune hanno impatto bassissimo, altre non lo hanno. Non è comunque l'impatto ad essere il punto chiave. Accettano praticamente qualsiasi cosa gli venga mandata senza batter ciglio, e la sbattono online senza il minimo controllo. Sono estremamente economiche, ma in genere comunque provano a spillare molti più soldi del necessario: facendo un po' di prove ho notato che sono disposti a ridurre i costi di una percentuale che varia tra il 50 e il 90%.



Mi viene quindi da chiedermi: cos'altro potrei fare con la stessa cifra che le riviste mi chiedono per pubblicare Open Access?


Nel mio caso, pagare tutti i consumabili, le bollette, i prodotti chimici e anche qualche apparecchiatura elettronica di basso livello (tipo quei PC terribili che diamo agli studenti per poi ridere della loro miseria) per uno o addirittura due anni. Con la nota dolente che se pubblicare Open Access mi porta via il budget di ricerca poi a quelle cose devo proprio rinunciare, non è che posso pagare entrambe le cose.


Se proprio volessi passare un anno intero senza consumabili &co., personalmente vorrei che fosse almeno per una buona causa: per quella cifra si possono comprare un sacco di piccole attrezzature da laboratorio che servono sempre e che (purtroppo) tendono ad autodistruggersi ad alta velocità. Un forno ad alta temperatura, una bilancia di precisione, uno sterilzzatore... la lista è davvero lunga, almeno nel mio settore.


Ma voi scienziati non siete pieni di soldi delle industrie farmaceutiche / delle industrie alimentari / dell'industria del petrolio / dei massoni / degli alieni grigi che controllano il mondo?


A parte che la scienza non si fa solo su argomenti che hanno un forte impatto economico immediato, la risposta è comunque: "manco per un cazzo". Le collaborazioni industria/accademia sono senza dubbio preziose, ma i fondi che "entrano" per quelle ricerche sono in genere spesi nello stesso ambito per attrezzature e personale, raramente "investiti" in pubblicazioni scientifiche.


Certo possiamo partecipare a bandi e concorsi per acquisire fondi, ma lasciatemelo spiegare con un ultimo disegno:


Primo: non tutti riusciamo a portare a casa un finanziamento alla ricerca. Il processo può essere estremamente selettivo (2% delle domande su certi bandi Italiani), ma anche dove è molto lasco (25% delle domande in Giappone) in fondo solo 1 persona su 4 riuscirà ad avere da parte un gruzzoletto. Gruzzoletto che poi dovrà dividere con altri membri del team e con cui dovrà anche coprire le spese del personale.


Certamente ora l'Europa prevede che una parte dei finanziamenti venga spesa per pubblicazioni Open Access, ma non è che quella quota sia aggiunta alla somma erogata precedentemente, è sottratta ad altre spese. Un giovane ricercatore, ad esempio, potrebbe dover prendere quei soldi dai soldi che altrimenti andrebbero in macchinari nuovi per il suo laboratorio. Ma anche sfruttando tutto il budget, questo non sarebbe comunque sufficiente a coprire le spese di ogni articolo scritto. Nel caso del mio gruppo, ad esempio, si tratterebbe di almeno 15 pubblicazioni all'anno. Anche fossero tutte su Scientific Report (che è abbastanza economico) la spesa per Open Access diventerebbe di 25 mila euro all'anno. E comunque in teoria i budget di ricerca dovrebbero venir spesi per pubblicare articoli che rientrano nell'argomento di quello specifico progetto, lasciando così scoperti altri lavori, a volte anche migliori (difficile prevedere a priori quale progetto darà i migliori risultati).


Certo, è chiaro che bisogna selezionare cosa si vuole pubblicare in Open Access. Ma ecco che così viene meno quell'idea di sistema di pubblicazione virtuosa che si rivela per quello che è: un sistema elitario che va ad incidere profondamente su altri capitoli di spesa.

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