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La mediocrità sta nel mezzo (dei maroni)

Recentemente ho letto un post in merito ad Umberto Eco letteralmente sommerso da commenti di critica.


Prima che vi facciate un'opione sbagliata però, lasciatemi chiarire: so benissimo che "critica" non ha per forza un'accezione negativa e che certe critiche sono positive o addirittura costruttive. Ma non era questo il caso. E sia ben chiaro, se si tratta di muovere critiche al buon Umberto Eco io sono sempre in prima fila: lo trovo borioso, pedante, autocelebrativo e inconcludente. Tutte caratteristiche che sercondo me mostrano il peggio nei suoi romanzi, scritti in un italiano elegante ed impeccabile, ricchi di citazioni ed informazioni preziose, ma leggeri come una gangascia di piombo appesa ai maroni.


Il post però era semplicemente una lista delle quaranta istruzioni per scrivere bene che Eco aveva al tempo preso da internet, rimaneggiato e proposto in una delle sue "Bustine di Minerva" nel 1999. Le istruzioni sono volutamente scherzose, ma evidenziano chiaramente alcuni vizi piuttosto diffusi tra gli scrittori e i giornalisti alle prime armi.


Vi faccio un esempio:


14: Solo gli stronzi usano parole volgari.


Capito il gioco?


Beh, la maggior parte dei commentatori... No. E, badate bene, il post era stato proposto in una pagina Facebook frequentata da scrittori, alcuni dei quali professionisti. Un ambiente che avevo iniziato a frequentare quando cercavo di pubblicizzare il mio primo libro, "Il Petauro Quantico" ignorando, da allocco qual sono, che difficilmente si può pretendere di riuscire a vendere ghiaccioli in Antartide.


Ma torniamo a noi. Quali sono le critiche che i (sedicenti) esperti hanno mosso al Maestro?


Prima tra tutte, quella di essere ampiamente sopravvalutato.


Porcaccia la miseria, avete tutto il diritto di dire che Umberto Eco vi fa schifo, ma con che coraggio mi dite che è sopravvalutato? Avete idea di quanti volumi abbia venduto in tutta la sua carriera?


Oltre 50 milioni di copie, se consideriamo solo "Il nome della rosa". Il primo nome italiano nella lista dei libri con più copie vendute, nonché il suo libro di esordio nella narrativa. Si perché sebbene la prima stampa sia venuta alla luce nel 1980, Eco era allora già famoso come semiologo, filosofo, medievalista e traduttore: teneva corsi universitari, scriveva saggi, codirigeva la Bompiani e teneva la rubrica "Le Bustine di Minerva" sull'Espresso.


La seconda critica più comune era quella di scrivere cazzate.


Umberto Eco era in effetti un maestro dello scrivere apparenti cazzate, vestendo di elaborati arzigogoli sciocchezze o banalizzando questioni filosofiche fondamentali. Chiunque abbia letto "Il Secondo Diario Minimo" avrà sicuramente riso all'idea della Cacopedia, la "pratica di quelle soluzioni che, se uno non si affretta a immaginarle per malvagità e malizia, saranno ben presto immaginate da qualcuno, e sul serio e senza malizia", eppure questo breve divertissement nascondeva in realtà tutta l'amarezza provata da un letterato che vede il banale elevato a virtù. Si perché è probabilmente vero che Eco schifasse la mancanza di cultura, ma solamente se intesa come espressione volontaria, mancanza di stimolo all'apprendimento, mediocrità trasformata in rapporto aureo con cui misurare il mondo.


Certo, possiamo raccogliere tutti questi commenti, metterli in un bel sacco nero per le scovazze e relegarli nell'angolo più oscuro del web, magari dopo averci attaccato sopra un'etichetta "è solo invidia, lascia stare". Purtroppo però non è così, non è solo invidia e a far finta che lo sia non si fa che il loro gioco.


Loro di chi?


Ma dei mediocri, per Giove. Quelli che si schifano ad apprendere e che vorrebbero l'intero mondo fosse ridotto alle loro condizioni d'uso. Quelli che giocano alla vita in "Easy mode" perché incapaci di confrontarsi con se stessi. Quelli che si nutrono di quell'immenso, orrido pappone insapore propinato dai loro vettori preferiti e che banalizzano ciò che non comprendono perché il loro punto di vista è l'unico metro standard con cui accettano vengano misurate le cose. Quelli che sono sempre esperti di tutto: scienziati, cuochi, virologi, allenatori, avvocati, giudici, giurati e, soprattutto, boia.


La cosa che dovrebbe preoccuparci non è che la mediocrità esista, quello è un fatto naturale nelle distribuzioni. Il problema è che l'adesione allo standard mediocre è in costante crescita, potremmo dire che è la moda. Alla gente piace che la propria pigra condizione d'esistenza sia considerata onorevole, cosa che porta alla formazione di cluster sempre più grandi, sempre più pesanti, sempre più prepotenti e sempre più mediocri.


Esattamente come un cigno che deraglia.

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