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La soggettività dell'interpretazione

Oggi vi vorrei parlare di un argomento che mi sta davvero a cuore, in un certo senso la continuazione (o forse il prequel) di un post precedente. In quell'occasione, mi ero fatto aiutare dal buon Bob Ross, pittore e conduttore televisivo americano di grande talento e famoso per la spiccata sensibilità.


Nuovamente cercherò di farmi aiutare da lui. Partiamo da questo esempio:




Se vi chiedessi che cosa ha dipinto Bob, anche senza essere mai stati in Giappone potreste probabilmente rispondermi correttamente: l'ingresso di un tempio (門) durante il periodo delle foglie rosse, il famoso momiji (紅葉). In realtà anche la risposta "una porta aperta, un albero, un sentiero lastricato e dei cespugli" mi sarebbe andata bene. La seconda ipotetica risposta è più basata sulla mera osservazione del dipinto mentre la prima richiede la capacità di associarla ad altre memorie, a patto che queste siano presenti. Una persona che non abbia mai sentito parlare del Giappone non potrebbe sicuramente dire che questo sia un tempio o che il periodo sia il momiji.


Potrebbe trattarsi di una casa?


Lavorando a Kyoto, conosco almeno una decina di ville con ingressi simili a questo, quindi la risposta è si. Immagino però che chi ha una conoscenza indiretta del Giappone tenda più ad associare questa architettura ai templi, dato che sono più famosi a livello turistico. Vorrei farvi notare che con un semplice dipinto (in realtà una fotografia perché sono una schiappa a dipingere) abbiamo già potuto dividere tre livelli di interpretazione, l'osservazione semplice, la conoscenza indiretta e la conoscenza diretta. Questi sono i nomi che userò oggi, ma ci sono scrittori e filosofi che ne parlano in altri termini e in modo più approfondito. Vi invito come al solito a non costruire la vostra opinione sulle mie parole ma ad approfondire altre fonti.


Torniamo a Bob e alle sue opere:



Questa volta il nostro maestro ha disegnato una figura molto più semplice, ma che proprio per la sua natura ci potrebbe causare più difficoltà interpretative.


Si tratta di un rettangolo nero? Di una "i" maiuscola? Di una "l"? Di una parte di qualche altra lettera, come ad esempio una "R"? Di una figura più complessa?


In queste domande sono nascosti due dubbi fondamentali. Il primo è che una singola forma possa di per se assumere diversi significati, il secondo invece che possa essere solo una parte di un lavoro più complesso ancora incompiuto. Nel primo caso per dipanare il dubbio avremmo la necessità di conoscere il contesto preciso in cui quest'opera si inserisce, nel secondo invece dovremmo prima attendere che l'opera sia completa oppure accontentarci di fare una speculazione o un'ipotesi in merito.


Certo anche nel primo caso possiamo fare delle ipotesi, consapevoli però che l'unico modo che abbiamo per migliorare la loro accuratezza è aumentare la nostra conoscenza del contesto.


Nel secondo caso, ovvero per un'opera incompiuta, l'aggiunta di nuove informazioni può stravolgere completamente la nostra interpretazione indipendentemente da quanto approfonditamente conosciamo il contesto. Se ad esempio mi viene detto che il quadro rappresenta per forza una lettera maiuscola diversa da "I", posso ipotizzare sia un pezzetto di "R", ma se poi l'opera continua con una linea in basso devo ricredermi ed accettare che sia una "L" o forse una "E" scritta con una sequenza bizzarra.


Nella scienza succede esattamente la stessa cosa. Ricavo un po' di risultati che mi suggeriscono una intrepretazione, ma se poi ne appaiono di nuovi che escludono la mia precedente interpretazione devo fare un passetto indietro e ipotizzare qualcosa di diverso. Succede continuamente, succede agli studenti in tesi, ai ricercatori, ai professori e ai premi Nobel. Anzi, mi azzardo a dire che nel caso non succeda non si possa affatto parlare di progresso scientifico.


Ma stiamo divagando. Proviamo con un'opera differente:



In questo caso il buon Bob Ross ha disegnato un soggetto che (probabilmente) nessuno di voi conosce. In realtà è un soggetto così particolare e raro che sono relativamente certo nessuno a parte me lo possa identificare correttamente. Nonostante questo, a molti di voi la forma sembrerà in qualche modo familiare: è qualcosa di cui inconsciamente riuscire a concepire l'esistenza perché si avvicina a sufficienza a qualche modello che avete già nella vostra mente. Chessò, ad un riccio magari. O ad una particolare formazione rocciosa. O ad una colonia di funghi. Si tratta in realtà di una struttura cristallina formata da nitruro di cromo che si è venuta a creare per un "difetto" durante la deposizione fisica in fase vapore di un rivestimento (di nitruro di cromo, ovviamente) su di un substrato di acciaio per utensili, fotografata al microscopio elettronico a scansione.


Spero che la frase precedente abbia lasciato almeno qualche lettore spiazzato. Il concetto fondamentale è che è ottenuto con una tecnica particolare (la microscopia elettronica) su un caso particolare (un difetto) avvenuto durante un processo particolare (la deposizione fisica in fase vapore) di un materiale particolare (nitruro di cromo) su un substrato particolare (acciaio per utensili). Nonostante la sensazione di familiarità che l'immagine dell'oggetto genera è quindi ragionevole da parte mia supporre che sia un qualcosa di completamente alieno all'esperienza del 99% dei lettori.


Non solo, sarebbe difficile da indovinare anche per esperti di ciascuno dei singoli particolari di cui sopra.


Passiamo all'opera successiva:



Probabilmente le scritte sono un po' piccole ma se cliccate sull'immagine dovreste essere in grado di ingrandirla quel tanto che basta per leggere con facilità. La sensazione che dà un grafico di questo tipo è molto differente rispetto alla fotografia precedente, sebbene il concetto sia (teoricamente) molto più semplice da apprezzare. Chiunque abbia una minima esperienza in spettroscopia (in particolare spettroscopia Raman) riconosce immediatamente il picco del silicio a 520 cm-1. Stiamo guardando indirettamente un pezzo di silicio cristallino.


Diversamente dalla fotografia, il significato di questo grafico può essere immediatamente determinato a patto di possedere la corretta esperienza. Questo anche senza sapere nulla sulla struttura del grafico, ovvero senza sapere che quel picco è una tipica curva Gaussiana (o, ancora meglio, una Lorentziana). E badate bene: un matematico potrebbe riconoscere al volo la forma della curva senza avere alcuna idea di cosa la curva rappresenti dal punto di vista fisico.


Siamo giunti a due punti fondamentali su cui voglio dilungarmi un attimo. Sarebbero tre, ma vorrei trascurare per ora la parte riguardante l'imperfezione sperimentale che in un certo senso abbiamo già trattato precedentemente.


Punto primo: non esistono esperti universali. La conoscenza è frammentata e ciascuno di noi ha un'esperienza differente, un diverso contesto con cui guarda agli stessi dati. Le nostre ipotesi sono quindi in genere differenti tra loro perché questa è la nostra natura, tutto è filtrato attraverso la lente del nostro punto di vista. Questo non significa che non ci possa essere un consenso, ma che questo richiede di (1) avere un gruppo di esperti con sufficienti ed adeguate esperienze e (2) smussare gli "spigoli" dovuti alle interpretazioni eccessivamente personali per ragionare su una più condivisibile base comune.


Punto secondo: nel momento in cui si trasmette un'informazione, la si deve filtrare e la si filtra inconsapevolmente. La si deve filtrare perché sia recepibile nel contesto dell'esperienza del destinatario del messaggio e la si filtra inconsapevolmente perché la si tratta sulla base delle proprie esperienze. La comunicazione (in generale, mica solo quella scientifica) è fatta in questo modo e sia il "trasmissore" che il destinatario è bene siano coscienti di questi limiti.


Facciamo un ultimo esempio, questa volta meno "scientifico":


Cosa pensate della svastika disegnata dal nostro buon Bob Ross?


Come reagireste se la vedeste dipinta su un muro con una bomboletta spray?


Per esperienza so già che qualcuno di voi vorrà correggermi, lo dico perché è capitato: "quella non è una svastika, quello è un simbolo buddista".


Sì, avete almeno parzialmente ragione, complimenti per la vostra conoscenza del sanscrito. Ad essere infatti tetrapiloctomi il termine originario vorrebbe far riferimento alle sole croci uncinate che "girano" in senso orario. Però non è un aut aut netto, contrariamente a quanto la maggiorparte degli italiani pensano, entrambi gli orientamenti sono in realtà simboli buddisti che hanno significati diversi a seconda della regione geografica in cui ci troviamo. In Giappone ad esempio entrambi gli orientamenti sono piuttosto comuni in riferimento ai luoghi di culto buddisti.


Ma se la vedessimo su un muro in Italia?


Teoricamente potrebbe essere sia un riferimento al nazismo sbagliato per ignoranza personale che un simbolo buddista corretto. Il fatto che ci faccia pensare più facilmente al primo caso è dovuto al contesto. Ci riesce più facile pensare che un neofascista (o un provocatore non per forza aderente a questo pensiero) sia ignorante a sufficienza da invertire il simbolo che immaginarci un fervente buddista andare in giro ad imbrattare i muri con simboli sacri. Che questo contesto sia frutto dell'esperienza o più uno stereotipo culturale, difficile da dirsi. Senza contare che anche la croce uncinata rovescia (rispetto all'immagine) potrebbe ancora essere solo un simbolo religioso dipinto da un fervente credente.


Ma la croce in quanto tale va accettata o cancellata?


La risposta a questa domanda ve la lascio come compito per casa. L'unica nota che ho per voi è che se riuscite a prendere una decisione sul momento significa che o siete molto più saggi di me o che non avete preso questo argomento seriamente. O meglio, che avete esperienze diverse dalla mia.


Capite quindi che il contesto (così come l'esperienza) è polarizzante, sempre. E non serve andare a cercare croci uncinate sui muri per trovarsi invischiati in queste discussioni. Anche integerrimi risultati scientifici possono essere polarizzanti e lo saranno tanto più quanto meglio si adatteranno al contesto e all'esperienza del destinatario del messaggio e/o quanto più saranno filtrati attraverso vari intermediari, polarizzati a loro volta dal proprio contesto ed esperienza.


L'unica via d'uscita è accettare che non c'è una vera via d'uscita, solo una maggiore consapevolezza del meccanismo.




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