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De merito


Quello in immagine è un post che circola sui social network e viene dalla pagina "official" di un importante medico italiano, recentemente salito alle cronache per le sue controverse (e contraddittorie) dichiarazioni in merito al SARS-CoV-2 e al CoViD. All'inizio pensavo di postarvelo in "chiaro", poi ho deciso di pixelarlo per fare un discorso un po' più generale. Dato che si tratta di un accademico però voglio centrare il discorso su questo aspetto.


Partiamo dal principio: la meritocrazia (pura) è un'idea platonica e come tale totalmente irraggiungibile. Ci sarà sempre qualcosa di soggettivo che influenza positivamente o negativamente il nostro giudizio su qualcuno e questi bias individuali sono impossibili da rimuovere continuamente. Aspetto fisico, nome, cittadinanza, modo di scrivere, errori grammaticali sono solo alcuni esempi di aspetti che possono farci rispondere in modo soggettivo. Ma non sono i soli. Se ho bevuto o meno il caffé, se ho litigato con qualcuno, se ho mangiato una fetta di torta prima di leggere il profilo del candidato possono anche loro essere fonti di bias soggettivi perché possono influenzare il mio umore.


Quindi la meritocrazia non esiste?


Assolutamente no, la meritocrazia esiste, ma come quasi tutte le cose al mondo non è semplicemente bianca o nera. Ci sono infinite sfumature da considerare. Bisogna insomma decidere dove sia il caso di tirare una linea netta per definire che qualcosa sia o meno meritocratico.


Detto questo, parliamo di ambienti accademici. Nella mia breve carriera ne ho visti tanti di privilegiati (e non per motivi involontari):


Ho visto candidati a borse di studio consegnare prove scritte praticamente in bianco e vedersi attribuire i fondi, anche di fronte a candidati visibilmente più preparati. Perché la commissione li aveva già scelti precedentemente e la prova scritta era solo un pro forma.


Ho visto studenti di dottorato non riuscire a discutere i "loro" dati alla discussione e venir proclamati comunque.


Ho visto professori usare gli studenti come testimoni durante i loro diverbi con i loro stessi assistenti con l'intento di trascinarli in tribunale.


Professori svolgere segretamente la libera professione usando le risorse dell'Università.


Professori non presentarsi mai alle loro lezioni.


Professori venire alle mani.


Padri/madri/fratelli/sorelle/figlie/figli di professori diventare professori a loro volta con l'evidente spinta della famiglia.


Padri/madri professori usare i propri ricercatori per alzare il curriculum dei loro figli e creargli così possibilità che ad altri verrebbero precluse.


Professori pagarsi il mutuo con i fondi di ricerca.


Queste cose esistono e vengono molto spesso completamente ignorate. Questo perché l'Accademia (come entità collettiva) non ama creare fastidiosi attriti interni. La maggior parte degli accademici preferisce stare in silenzio di fronte a comportamenti iniqui, motivo per cui i comportamenti iniqui sono raramente "risolti". Questo significa che è spesso chi "fa notare il problema" (i così detti whistleblowers) a finire crocifissi perché hanno "fatto rumore".


Lasciatemi però dire che questa per fortuna non è la norma. La norma in accademia è che la gente lavora sodo e combatte duramente per crearsi una sua "nicchia", una posizione. In Italia ci ho provato anche io, fino al 2014, ma è davvero difficile: troppe buone teste e troppi pochi posti disponibili. La maggior parte del mondo accademico italiano, soprattutto nei bassi ranghi (ma questo potrebbe essere il mio bias dato dal punto di vista) lavora sodo e si merita quel poco che ha (e spesso molto di più).


Però.


Chiudo con una critica che all'inizio avrei voluto rendere il tema principale di questo post. SE la tua carriera si basa sul fatto che sei il figlio del capo o SE in qualche momento della tua vita hai goduto di uno qualsiasi dei privilegi che ho elencato precedentemente (o simili, dato che la lista sarebbe lunghissima e io ho assistito solo ad una minuscola porzione), probabilmente a parlare di meritocrazia saresti un pochino ipocrita. E questo, bada bene, indipendentemente dalle tue capacità individuali.


Forse non l'ho evidenziato a sufficienza, ma non ho scritto che chi gode di un trattamento di favore sia per natura privo di capacità. Non è ad esempio che il figlio del primario sia per forza un incapace. Allo stesso modo, non è che sia per forza un buon medico. Di certo però non farà carriera in modo meritocratico se approfitta della posizione e delle connessioni del padre. A meno che non decidiamo di abbassare di molto l'asticella di cosa sia meritocratico.


Il post in immagine è, a mio avviso, oltre che fondamentalmente corretto nei concetti, anche un fulgido cattivo esempio.




PS:

Vale la pena anche andare a guardare di chi parla il post nell'immagine, almeno nel caso di una delle persone coinvolte (e ringrazio Francesca per avermelo fatto notare). La "suora che parlava di economia planetaria" è Alessandra Smerilli, effettivamente una religiosa italiana, ma anche economista e docente di economia politica e statistica. Questa tremenda superficialità nell'usare suora con un evidente intento denigrativo è una cosa su cui non avrei dovuto soprassedere quando ho scritto questo post. Non solo, è evidente che l'autore si riempie la bocca con un termine che si basa sull'equità (la meritocrazia) ma lo fa con Orwelliana, suina, ignoranza.


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